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venerdì 7 novembre 2014

Recensione L'usignolo di Mosul

Titolo: L'usignolo di Mosul
Autrice: Morgana Gallaway
Traduzione:
Numero di pagine: 418
Pubblicato: 1 febbraio 2009 (in America)
Edizione: PIEMME
Prezzo: 18.50 euro
Trama: Sono passati pochi mesi da quando il regime di Saddam è caduto e le truppe americane si sono stabilite nel suo paese, ma del mondo che Leila al-Ghani conosceva e amava non è rimasto più nulla. «Le strade non sono più sicure» continuano a ripetere i suoi genitori tentando di relegarla in casa. Leila, però, una giovane donna di ventitrè anni, laureata in medicina all’Università del Cairo, non è disposta a rinunciare a quell’indipendenza che suo padre le ha sempre concesso e che ora ha deciso di negarle. Così, indossando l’odiato velo che fino a poco prima poteva accompagnare con vestiti all’occidentale, decide di cercarsi un lavoro, di crearsi un destino, nonostante la guerra.
Grazie alla buona conoscenza dell’inglese viene assunta come traduttrice all’ospedale della base militare americana; la realtà che si trova di fronte nei primi giorni la conquista immediatamente: la libertà di esprimersi, di confrontarsi con persone di valore come il capitano James Cartwright, un uomo giusto, molto amato dalle truppe e dal personale della base. Ma ben presto Leila scopre che anche in quel mondo si nascondono nefandezze inenarrabili. Quando poi si trova a soccorrere un prigioniero brutalmente torturato dai soldati americani capisce che non può esistere gioia nell’orrore della guerra, né amicizia, né amore. Tornata a casa, delusa, scoprirà che il padre vuole usare la sua amicizia con gli americani; il conflitto lo ha reso un terrorista, un uomo che non ha nulla da perdere.
Leila verrà messa di fronte a una scelta terribile e dovrà decidere se tradire se stessa e i propri ideali o chi l’ha protetta e amata fin dal primo giorno.



Rating: 

Sinceramente? Da un libro che tratta tematiche così importanti mi aspettavo veramente di più. Se devo essere sincera non mi è mai capitato fra le mani un libro che parlasse di argomenti simili, dunque non ho chissà quale cultura riguardo questo cose, ma non ci vuole un esperto per capire che questo libro è stato fatto veramente male...
La prima cosa che non va, è proprio l'autrice di questo libro, un'americana. 

Dunque, la storia racconta della vita di Leila durante l'occupazione americana dell'Iraq e si nota veramente tantissimo che il libro non è stato scritto da una persona che proviene esattamente da lì. Io apprezzo sempre l'impegno di molte persone nel raccontare realtà differenti e immergersi in culture lontane e quasi sconosciute. Arthur Golden lo fece con Memorie di una geisha, e ha fatto davvero un ottimo lavoro. Lo stesso, però, non posso dire per Morgana Gallaway. 
In questo libro, tutto ciò che è di cultura Islamica è denigrato e tutto ciò che invece è di cultura Americana è esaltato. Una cosa che non mi è piaciuta, perché l'autrice non è riuscita a mettersi direttamente e obbiettivamente in un'altra cultura, ed ha comunque celebrato la sua, di cultura: quella occidentale. 
Per farvi qualche esempio, la protagonista apprezza i dottori nell'ospedale americano perché sono competenti e molto pratici; non le piace l'ospedale iracheno perché, OVVIAMENTE, non ci sono medicine nè pillole ed è difficile lavorare (e dice che i dottori sono incompetenti. Ma se non hanno strumenti e cose necessarie, come fanno a manifestare la loro bravura?). Forse c'è la guerra e gli Americani hanno promesso rifornimenti che non stanno dando? Chi sono i cattivi? Gli iracheni che poverini non possono guarire i mutilati perché non hanno delle medicine o gli Americani che promettono di inviarle ma in realtà non lo stanno facendo?
C'è anche una particolare scena che proprio non mi è piaciuta. Una persona torturata con l'elettro shock, viene portata nell'ospedale americano dove Leila lavora (di nascosto dalla sua famiglia, che ha idee estremiste). Il "malato" è iracheno e c'è bisogno di una traduttrice che parli inglese ed arabo. Per qualche momento Leila pensa e comprende che gli Americani possono essere delle cattive persone. E poi? Cosa si scopre? Che in realtà è stata la polizia irachena a torturare quest'uomo e che gli Americani non hanno fatto nulla. E allora? Secondo te, in Iraq, gli Americani non hanno mai torturato nessuno? Sono andati lì come salvatori della patria a sventolare la bandiera della pace? Ma cosa stai dicendo???
Anzi, già il fatto che siano stati proprio gli Americani ad attaccare l'Iraq dovrebbe farti pensare che effettivamente tanto buonisti non lo sono affatto. 



Dopo tutto questo, ho da dire che non mi è piaciuta nemmeno la trama. C'è una Mary Sue -intelligente, divertente, progressista, che vuole affermarsi con lo studio- diversa dalle altre ragazze di Mosul. Incontra alla base un soldato chiamato James e scappano insieme. FINE.

Hai letto questo libro? Sei d'accordo con la recensione? Hai intenzione di leggerlo?

2 commenti:

  1. Ciao;) Sono Caterina del blog Bum Bam Book e volevo assegnarti il Liebster Blog Award.. se ti va di ritirarlo puoi passare qui: http://bumbambook.blogspot.it/2014/11/liebster-blog-award.html
    Buon fine settimana!

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