Titolo: The falconer
Autore: Elizabeth May
Traduzione: lingua originale
Numero di pagine: 312
Pubblicato: febbraio 2014 (in Italia)
Edizione: Gollancz
Prezzo: 8.99 sterline
Trama: Lady Aileana non ha paura della notte: è nelle pieghe del
buio che può compiere la sua missione. Non ha paura degli stretti vicoli di
Edimburgo e dei pericoli che vi si annidano: è lì che può trovare le sue prede.
Perché Aileana, giovane figlia del marchese di Douglas, nasconde un segreto: se
di giorno è una perfetta gentildonna del diciannovesimo secolo, alle prese con
gioielli, vestiti e feste scintillanti, di notte è una spietata cacciatrice di
fate. Tutto è iniziato un anno prima, la sera del suo debutto in società: la
stessa, tragica sera della morte di sua madre, uccisa da un essere
soprannaturale. Da allora, Aileana sente dentro di sé una voce selvaggia che la
sprona alla vendetta. Da allora, ha intrapreso un duro addestramento per
imparare a combattere le fate: creature assetate di sangue che si nutrono
dell'energia vitale degli umani. È stato Kiaran, il suo affascinante maestro, a
fare di Aileana una guerriera, allenandola alla battaglia. E sarà lui a farle
scoprire lo straordinario destino che l'attende. Perché Lady Aileana è l'ultima
cacciatrice di un'antica stirpe, l'unica in grado di proteggere l'umanità la
notte in cui tutte le fate si risveglieranno. La notte, ormai imminente, del
solstizio d'inverno.
Recensione; Ero parecchio
indecisa riguardo il rating di questo romanzo. Il mio giudizio oscillava dal
2.5 al 3.5 e, tagliando la testa al toro, ho optato per un 3.
La prima parte del romanzo non è
stata particolarmente emozionante?, tanto che avevo già deciso che il libro
valeva due stelline e mezzo. È stata la seconda parte (non ricordo nemmeno
quale punto in particolare) che mi ha mandata in completo delirio. Da quel
momento ho cominciato a leggere bramando di terminarlo e sono rimasta sveglia
fino alle due pur di finirlo.
In ogni caso, parlerò prima delle
cose che mi sono piaciute e poi di quelle che non mi sono piaciute.
Cosa mi è piaciuto
- Lo scenario. La Scozia ottocentesca penso sia già di per
sé un luogo meraviglioso e quasi surreale, tra balli, alta società e l’aggiunta
di elementi un po’ steampunk che hanno reso veramente interessante e magica
Edimburgo. L’autrice ha quasi creato una specie di epoca quasi idilliaca,
contenete sia l’eleganza dell’Ottocento, sia la tecnologia che si avvicina (o
supera, a volte) quella moderna, un ambiente nel quale tutti vorrebbero vivere.
-La protagonista. Finalmente una protagonista che non si lagna, ma
che affronta la vita a testa alta, forte, caparbia, ma comunque umana e piena
di debolezze. Dopo la morte di sua madre, Aileana è divenuta un vero e proprio
osso duro e la sua vita si divide tra alta società e caccia. La May non l’ha
resa, però, invincibile: come ha già detto prima, anche Aileana ha i suoi punti
deboli, che cerca nonostante tutto di superare e di trasformare in punti di
forza.
-Kiaran. Io ho amato questo personaggio. E lo amo tutt’ora.
Inizialmente pensavo fosse il solito bastardo di turno, un po’ alla Jace di
Shadowhunters, privo di spessore e senza un vero e proprio carattere. Ho dovuto
ricredermi. Kiaran e Aileana sono molto simili: forti e imbattibili
all’esterno, ma tormentati e deboli all’interno. Se le sue mezze verità
inizialmente mi infastidivano, ho cominciato a trovare questo suo modo di rispondere
quasi affascinante, una specie di allarme per segnalare in modo lieve le sue
debolezze.
-Derrick. Una pixie che cuce vestiti in cambio di miele, non è la
quintessenza della dolcezza? L’iperprotettività nonostante la taglia, il
coraggio e la fedeltà hanno reso Derrick uno dei miei personaggi preferiti.
-L’elemento fantasy. Mi è piaciuta molto la rivisitazione della
fata, resa una creatura crudele e temibile in questo romanzo. Il bestiario alla
fine del romanzo è stato interessante e anche pratico, non sempre riuscivo a
ricordare le caratteristiche delle fate, e a volte mi mandavano anche in
confusione. Diciamo anche che, da ex fan delle Winx, ho avuto anche una specie
di piccolo trauma con questi nuovi esseri demoniaci.
-La storia d’amore. Nonostante ci sia ed influisce abbastanza nel
romanzo, rimane comunque da contorno e non diventa la protagonista. L’ho trovata
anche abbastanza imprevedibile: se inizialmente non nutrivo speranze in un
innamoramento fra Kiaran ed Aileana (che vedevo decisamente già sposata con
Gavin ancora prima della richiesta di matrimonio), ad un certo punto ho
cominciato a fremere attendendo il loro primo bacio.
Cosa non mi è piaciuto
-Lo stile. Ho trovato lo stile di scrittura della May abbastanza
pessimo, anzi, veramente pessimo. Ho
letto il libro in inglese e il testo si alternava tra periodi con una sintassi
realmente troppo semplice e ripetizioni a non finire. Diciamo che in questo
romanzo l’ambientazione storica non è l’elemento principale, ma lo stile
potrebbe comunque contribuire a richiamare quel periodo e a creare un’atmosfera
più concreta. Il modo in cui la May lo ha scritto, invece, mi ha riportato
troppo ai nostri giorni e non mi ha fatto penetrare appieno nell’epoca storica.
-L’alta società. Elizabeth
May’s debut is a wicked cocktail of Jane Austen’s high society and the Grimm’s
fairy tales. Questo è ciò che è scritto sul
retro del romanzo, in copertina. Diciamo che di alta società di Jane Austen vi
ho trovato ben poco, perché la mentalità e il linguaggio dei personaggi non li
ho trovati ottocenteschi, bensì moderni. Il loro modo di rivolgersi ad altre
persone, il loro approccio... la May non è riusciuta ad immedesimarsi
completamente nella mentalità del tempo,
e il risultato è una presunta società ottocentesca che in realtà di
ottocentesco non ha nulla.
-Lo steampunk. Ho detto prima, nel primo paragrafo delle cose che mi
sono piaciute, che lo steampunk è stato uno di questi. Purtroppo a volte ho
notato che la tecnologia si avvicinava troppo a quella moderna e quasi
l’autrice si dimenticasse di star scrivendo un romanzo ambientato nel passato.
Anche alcune espressioni fin troppo contemporanee mi hanno riportato al mondo
di oggi, facendomi allontanare dall’epoca del libro.
-Il finale. Avrà lasciata tutti di stucco, ma io sinceramente non lo
considero un finale. È tronco, come la puntata di un cartone animato, dove esce
scritto To be continued.
Gli elementi che ho apprezzato
sono senz’altro di più rispetto a quelli che mi hanno fatto storcere il naso,
ma le cose che non mi sono piaciute sono state comunque incisive e hanno
influenzato il mio giudizio molto di più rispetto agli elementi positivi.
E per rimanere in tema, lascerò
tronca la recensione, così da imitare lo stile del romanzo.
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