Titolo: Città di carta
Autore: John Green
Traduzione: Stefania di Mella
Numero di pagine: 391
Pubblicato: 2008 (in America)
Edizione: Rizzoli
Prezzo: 14.00 euro
Trama: Quentin Jacobsen è sempre stato innamorato di Margo Roth
Spiegelman, fin da quando, da bambini, hanno condiviso un'inquietante scoperta.
Con il passare degli anni il loro legame speciale sembrava essersi spezzato, ma
alla vigilia del diploma Margo appare all'improvviso alla finestra di Quentin e
lo trascina in piena notte in un'avventura indimenticabile. Forse le cose
possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. E invece no. La mattina
dopo Margo scompare misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro
dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l'hanno resa
leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso. Questa fuga da Orlando, la sua
città di carta, dopo che tutti i fili dentro di lei si sono spezzati, potrebbe
essere l'ultima.
Recensione: Avevo
intenzione di comprare questo libro, ma per fortuna non l’ho fatto. Il titolo
aveva catturato la mia attenzione, e la trama, seppur molto semplice, mi
intrigava. Solitamente John Green riesce a valorizzare le cose banali: anche in
Cercando Alaska non c’era una trama particolarmente complessa, eppure era stata
sviluppata in maniera particolare. La stessa cosa non è accaduta con Città di
carta, che ho trovato veramente troppo simile al primo libro dell’autore,
Cercando Alaska; non mi è piaciuto com’è stato sviluppato il concetto della
città di carta e non sono riuscita nemmeno a comprendere le scelte dei
personaggi.
Dunque, abbiamo, come in Cercando Alaska, il
ragazzo un po’ sfigato e riflessivo, la ragazza che gli piace già fidanzata,
avvenente e molto particolare, i suoi amici simpatici e particolari anch’essi e
la scomparsa improvvisa del grande amore del protagonista. In più, c’è la
professoressa Holden, che corrisponde più o meno ad Hyde, ci mancava solamente
il tema finale nel quale Quentin esponeva tutto ciò che aveva imparato.
Ovviamente la ricerca dell’amica scomparsa e delle motivazioni che l’hanno
portata a ciò aiutano i personaggi a maturare.
Già questo mi ha fatto
storcere il naso, non apprezzo molto gli autori che propongono sempre le
medesime trame e anche per questa ragione Città di carta mi ha un po’ annoiato.
I personaggi li ho
trovati... prevedibili. Si nota che il libro è stato scritto da John Green, e
dopo aver letto per intero Cercando Alaska e Colpa delle stelle, e lentamente
sto leggendo anche Teorema Catherine, ad un certo punto si comincia ad
indovinare cosa faranno i personaggi. Questo sempre per il fatto che John Green
propone più o meno le stesse cose.
Margo sarà interpretata da Cara Delevingne, una modella americana che ha letteralmente fatto impazzire il caro John con la sua audizione. |
Margo Roth Spiegelman è
abbastanza odiosa. Come dice lei stessa, una ragazza di carta anche abbastanza
antipatica. Effettivamente non le è mai accaduto nulla (a parte ritrovare il
corpo dell’avvocato divorziato a nove anni), eppure si comporta come un essere
umano in depressione a causa di qualche crisi esistenziale. E potrebbe anche
essere così, se non fosse che non è accaduto nulla che la facesse entrare in
questa crisi.
Andando al concetto della
città di carta, penso che non sia stato sviluppato bene. L’ho trovato
interessante, ma John Green ha provato ad introdurre anche altre tematiche,
come i fili, la nave, l’erba (che ho trovato ancora più interessanti e ben
trattati), e tutto ciò ha allontanato il discorso dalla città di carta (che
sottolineo dà il titolo al romanzo).
Ci sono parecchie scene
inutili, che sembrano essere state messe soltanto per allungare il brodo, e in
generale lo stile non mi ha fatto impazzire. In
Colpa delle stelle e in Cercando Alaska non ho avuto nulla da ridire, ma
in Città di carta, sinceramente, l’ho trovato fin troppo semplicistico e molto
ripetitivo. Aggiungerei inutilmente, dato che i protagonisti dei romanzi di
John Green sono sempre intelligenti e il
più delle volte ragazzi di cultura.
Le due stelline sono
principalmente per la terza parte, il viaggio fino a New York. L’ho trovato
divertentissimo e ho riso per tutto per il tempo. È l’unica parte del libro che
mi ha preso totalmente e che ho letto velocemente.
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